Body Shaming: cos'è, chi colpisce, come combatterlo

Ne sentiamo parlare da pochi anni. Lentamente, parallelamente agli eventi di cronaca che parlano di bullismo e cyberbullismo, in Italia e sul web comincia a diffondersi questo termine, ancora sottovalutato dalla ricerca, ma così capillare da essere difficile da distinguere come fenomeno parte di un contesto specifico.

Il body shaming è ovunque. E’ nei discorsi degli adulti, degli adolescenti e dei bambini (ebbene sì, chiedetelo alle maestre dei vostri figli), nelle narrazioni delle diete miracolose, nelle osservazioni fatte da un edicolante, e, prevedibilmente, nel linguaggio dei mass media.

Ma che cos’è il body shaming, davvero?

Iniziamo dal termine: shame, in inglese, significa vergogna, ed è un po' confusiva la traduzione del concetto “body shaming” in italiano. Letteralmente, shaming significherebbe “svergognare, far provare vergogna”, ma così si sposta molto l'accento sulla vittima, e non sull'azione. Un termine che rende meglio l'idea sarebbe stigmatizzare: si attribuiscono delle qualità negative ad una persona o a un gruppo, sulla base di un elemento specifico che viene utilizzato per definire il valore personale come basso, denigrando e umiliando la vittima. Il razzismo, ad esempio, è stigmatizzazione.

Il body shaming, quindi, è umiliare o denigrare una persona per il suo aspetto fisico. Questo include commenti e insulti, online e non, diffusione di fotografie a scopi denigratori, veri e propri atti di bullismo. Il body shaming si può verificare su una serie infinita di attributi del corpo della persona: troppo grasso, troppo magro, troppo provocante, col naso a gobba, i denti brutti. Può focalizzarsi su singoli aspetti fisici, o sull'intero corpo della persona. Ciò che lo caratterizza sempre, comunque, è la denigrazione che non lascia scampo, perché possiamo cambiare il nostro comportamento, di certo non possiamo cambiare il modo in cui è fatto il nostro corpo (a dispetto di quanto le pubblicità di creme rigeneranti vogliano farvi credere, il nostro corpo è quello che è, e tale rimane, anche se ci facciamo biondo platino).

Secondo un'indagine svolta da “Nutrimente Onlus”, il body shaming fenomeno riguarda il 48% delle donne.
La stima si alza se parliamo di adolescenti. Il 94% degli adolescenti dichiara di essere stata vittima di body shaming in una qualche forma.

Il body shaming colpisce uomini e donne. Bisogna però dire che l'ossessione riguardo al corpo femminile, nella nostra società, è molto più spiccata. Di conseguenza, sul corpo delle donne ci si accanisce decisamente di più.

Qualunque tipo di corpo può essere oggetto di body shaming. Il body shaming può “appiccicarsi” a qualunque aspetto del nostro corpo; dal pallore (“ma prendilo un po' di sole, sembri malata!”) al taglio dei capelli nuovo, ai peli, all'assenza di peli! (per i ragazzi, “ma ancora non ti è cresciuta la barba?”). Anche le persone magre vengono prese in giro o colpevolizzate per la propria magrezza. Questo si definisce thin shaming. Quando diciamo a qualcuno “ma sei anoressic*?” o “mangiatelo un piatto di pasta!” stiamo facendo thin shaming, di solito con la scusa di essere preoccupati per la salute altrui. Tuttavia, dato che viviamo in una società dove il corpo magro è tendenzialmente considerato bello e desiderabile, è più probabile che il body shaming venga applicato a persone grasse. E qui, parliamo di fat shaming.

Esistono una moltitudine di stereotipi sulle persone grasse: sono pigre, sono poco sane, non si impegnano abbastanza, sono prive di forza di volontà, sono buone, fanno ridere, sono simpatiche. Se ci vogliamo rivolgere ai genitori, e a chi si relaziona con le fasce giovani (educatori, insegnanti, babysitter, pediatra!), dobbiamo ricordarci questo: il body shaming parte da noi adulti.

Questo fenomeno è solo la punta di un iceberg che fa parte della nostra cultura (ed in generale, del mondo industrializzato occidentale) da molto tempo prima che nascesse il termine body shaming.

E cosa c'è sotto la superficie? La grassofobia, sostanzialmente.

Voglio fare un esempio attuale. Ora, col covid-19, siamo tutti molto paranoici quando usciamo. Se siamo in fila al supermercato, e qualcuno vicino a noi starnutisce o tossisce, lo guardiamo subito male; il pensiero immediato è “ha il covid!! ora mi contagia”. Eppure, quello è solo uno starnuto. Ma essendo noi spaventati dall'intero contesto del contagio, pensiamo subito a quello.

Ecco, alle persone grasse succede una cosa molto simile. Quando si sentono male e vanno dal medico per qualunque motivo, da un'unghia incarnita ad un calo di pressione, le persone intorno possono pensare, e anche dire “sei grassa! Quindi sei malata.” e seguono una serie di diagnosi, tra mille virgolette, come pressione alta, rischio infarto, problemi respiratori, diabete. Il fatto di essere grassi è come starnutire: spesso si dà per scontato che la persona abbia anche una malattia, e ci si aggrappa a questo stato corporeo, fosse anche un sovrappeso, per giustificare un attacco diretto alla persona.

Questo lo fanno gli adulti, e anche se è travestito da “preoccupazione” per la persona, in realtà è semplice bullismo. Come lo so? Provate a chiedere a una persona se quei commenti la fanno sentire accudita, o aggredita. Il test è semplice.

C'è dell'altro: quando pensiamo che una persona abbia starnutito perché ha il covid, pensiamo “oddio adesso mi contagia”. La paura di essere contagiati, in un certo senso, la nutriamo anche nei confronti delle persone grasse. E' per questo che quei programmi tipo “extreme makeover” con persone bloccate in casa dal proprio peso, messe a dieta, hanno tanto successo: ci piace guardare ciò che abbiamo terrore di diventare, è un po' come esorcizzare questa paura del grasso.

Viviamo nella “diet culture”, la cultura della dieta, dove foto di “prima e dopo” usate per pubblicizzare prodotti dimagranti ci ricordano che essere grassi è un “prima” da cambiare, qualcosa di irrimediabilmente negativo. Il “dopo”, il meglio, è essere magri.

Conseguenze sui giovani:

il 28% dei comportamenti scorretti online, il cyberbullismo, vissuto tra adolescenti, riguarda l'aspetto fisico. I rischi per chi subisce del bullismo o cyberbullismo basato sul body shaming è ovvio: cercare di adeguarsi all'immagine “giusta”, colpevolizzare sé stessi per non essere “immuni” a tali accuse (e questa è una grande illusione, perché, come ho detto prima, il body shaming colpisce OGNI tipo di corpo), sperimentare diete pericolose, disturbi alimentari, depressione, fino ad arrivare, nei casi più gravi, al suicidio.

Sembra incredibile, ma il body shaming si vede già nella scuola dell'infanzia. Già i bambini sono indotti da questa cultura a insultare i compagni più grassi di loro, e persino le maestre, per la loro forma fisica. “culona”, “cicciona”, “fammi vedere la pancia” sono frasi che le educatrici sentono, e che devono allarmare, già tra i 3 e i 6 anni.

Come combattere il body shaming:

i genitori, innanzitutto, devono rivedere il proprio modo di guardare al grasso e ai corpi in generale. Il cambiamento richiesto per eliminare il body shaming è sociale, su larga scala, e non solo individuale. Ma si parte da qui. Cominciamo con l'autocritica, cominciamo a notare i nostri comportamenti scorretti o superficiali, quelli che i nostri figli hanno l'occasione di osservare. Non sentiamoci in colpa: è NORMALE avere questi comportamenti, anche sottili. Siamo immersi in questo tipo di messaggi quotidianamente, da quando siamo nati. Ma è nostra responsabilità cambiarli.

Aggiustare il tiro anche con i bambini è importante! Se lasciamo scivolare via frasi come “cicciona” dette alla compagna di giochi, siamo complici del body shaming. Dobbiamo prendere da parte il bambino e fargli capire, come faremmo per qualunque altro comportamento negativo, che quella è un'offesa, ed è anche ingiusta perché ogni bambino ha un corpo bellissimo a modo suo. Ma dobbiamo crederlo davvero, perché altrimenti queste parole scivoleranno via al primo “ma com'è ingrassata la vicina!” detto da noi. Io lo so che viene da pensare “ma sono solo bambini” e che dette da loro certe frasi possono sembrare innocue. Ma quei bambini diventeranno grandi, e quelle frasi saranno interiorizzate da chi le ha sentite, non senza conseguenze.

Per le vittime, è ovviamente importante parlare con i figli, anche se sembrano chiusi o diffidenti, non rinunciare alla comunicazione. Partire magari da articoli di giornale, un po' casualmente, e cercate di chiedere a loro cosa ne pensano di questo tema. Osservateli, come parlano di sé e del proprio corpo? E di quello degli altri? Correggete il tiro, cercate di far capire a voi stessi e a loro che non esistono corpi sbagliati.

E' difficile questa battaglia perché la nostra società intera è immersa nel fat shaming e nell'importanza smodata data al corpo estetico. Però, possiamo fare la nostra parte.

Consiglio il libro di Roxane Gay: Fame, per riflettere su come vengono trattati i corpi grassi nella nostra società . Vi farà rabbrividire, arrabbiare e diventare più consapevoli del problema del fat shaming.